Segnaliamo un post interessante uscito su http://www.bookcafe.net/ e scritto da Giuseppe Granieri. L'argomento? L'e-book...
Ci sono dei post in cui sei quasi obbligato a elencare a te stesso -prima di scriverli- una lunga serie di premesse. Questo perché sono cose che hai già raccontato a qualche amico a voce e hai una dettagliata lista dei «ma» e dei «però» che arrivano da chi non ha fatto la stessa esperienza o non ha mai provato.
Così, ecco il paragrafo delle premesse. Ho la casa piena di libri, non li conto da una vita ma è un numero a quattro cifre. La letteratura è in soggiorno, su diverse librerie, con i titoli a strati e spesso a castello. I saggi sono nello studio, impilati anche per terra e sopra una stampante che non uso più e che funge da ripiano. Leggo sull'iPad, con la luminosità abbassata al tono giusto e a luce spenta. Mi trovo benissimo. So che il Kindle e gli eink eccetera eccetera, ma con l'iPad mi trovo meglio e prenderei il Kindle solo per twittare gli highlights. Poi la tecnologia va verso le preferenze personali e ognuno usa l'eraeder che gli piace di più. E, last but not least, so perfettamente che quanto sto per dire non é una regola generale ma un aneddoto personale.
Ora, detto questo, posso iniziare il post.
Un paio di giorni fa ho iniziato a leggere un parallelepipedo di carta. Erano mesi che non lo facevo. Poiché si tratta di un romanzo, ho iniziato a leggerlo a letto, che è il posto dove leggo la narrativa. La prima cosa che ho pensato, prendendolo in mano, è stata: «Maledetti hardcover. pesa quanto l'iPad e non si connette a Internet». La seconda è stata «Mi conviene iniziarlo ora che devo partire? Altro peso in borsa. Con l'iPad verrebbe con me comunque».
Poi mi sono messo a letto e ho iniziato a leggere. Sbuffando: «Ma cavolo, non è nemmeno retroilluminato» (sì, ho scoperto che oggi mi infastidisce leggere con la luce accesa, come pure ho fatto per tanti anni). Dopo qualche minuto di lettura, infine, i miei amati parallelepipedi di carta mi sono definitivamente caduti dal cuore. Ed è stato quando ho cercato di evidenziare un brano passando due dita sul foglio e non è successo nulla.
C'è poco da fare. Facendo le cose in modo diverso, e trovandoci bene, cambia il nostro rapporto con gli oggetti. E quelli che usavamo prima ci sembrano poi improvvisamente desueti. Il mio rapporto con i parallelepipedi, ora, è più o meno lo stesso che ho con lo stereo (un aggeggio primitivo cui sono affezionato ma che non uso da anni e che è persino staccato dalla rete elettrica) o con il videoregistratore. E mi sono scoperto a guardare tutti i miei libri di carta con estremo affetto, ma con la sensazione di avere la casa piena di videocassette di un tempo che fu.
Le nostre abitudini cambiano in fretta. E c'è sempre un momento in cui oggetti, anche quelli di culto, diventano vintage. O forse non sono loro a cambiare, ma siamo noi. E le nostre aspettative.
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